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Da Firenze ad Atene


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Ciao a tutti,

sono Benedetto e sono nuovissimo di questo forum (questo è il mio primo messaggio). Vi scrivo per condividere le mie intenzioni di viaggio: raggiungere Atene da Firenze via terra, attraversando Slovenia, Croazia, Serbia e Macedonia e ritorno (forse via mare, si vedrà la disponibilità di soldi e di posti) nel mese di agosto.

La mia intenzione è quella di abbinare al viaggio un pernottamento "sportivo", basandomi sull'ospitalità degli autoctoni o sul campeggio libero (anche solo materassino e sacco a pelo, dalle previsioni meteo quest'estate sarà caldissima per qualsiasi Paese), oltre ovviamente ai più classici campeggi e ostelli.

 

Qualsiasi consiglio, informazione, suggerimento o richiesta di condivisione - del viaggio o di pezzi - è più che bene accetta!

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  • 2 months later...
  • 3 weeks later...

Ehi, ciao! Alla fine sono tornato sano e salvo, scusate l'enorme ritardo con cui rispondo ma il lavoro mi ha risucchiato l'anima.

Viaggio spettacolare, sono felicissimo di averlo compiuto. Intanto comincio con la menzione d'onore della mia signora: durante il viaggio non ha fatto né ai né bai e ha marciato senza perdere un colpo. Addirittura si è trovata meglio ad affrontare i km giornalieri nel nulla dei Balcani piuttosto che il traffico di Firenze! Poi l'ambiente: i Balcani sono una cosa che non avrei mai pensato. I suoni, i colori, le persone, la sensazione di trovarsi veramente alle porte dell'Europa - ma guardando fuori, non l'ombelico come troppo spesso succede - tutte queste cose e molto di più sono state un toccasana. Credo proprio che ci tornerò! Sto cercando di ultimare un resoconto, anche se stringato, del viaggio: se vi interessa, posso usarvi come "cavia letteraria" e postarlo qui sul forum :)

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Oh beh, se addirittura c'è una risposta così rapida dopo settimane di silenzio (da parte mia), mi sembra giusto cominciare subito. Sappiate però che da domani a domenica sarò a Lucca per il Lucca Comics - che quest'anno è pure dedicato al viaggio! - per cui proseguirò in settimana nuova. In compenso se qualcuno ci va magari ci si potrebbe incontrare :D

 

***

 

23.07.2015 - Terrazza di casa.

Come risolvere il terrore della pagina bianca? Come iniziare un diario di viaggio? Con due domande ed una pagina bianca. Così tutti gli inizi sono ancora disponibili, se questo farà schifo potrò sempre cambiarlo senza dover buttare via niente. E’ un po’ come assicurarsi un “secondo shot”, cosa non sempre possibile nella vita ma, ehi, questa è letteratura.

Ho messo la playlist ricostruita sulla base degli articoli relativi alla notte dello spoglio del referendum greco del 5 luglio. Inizia con “London calling”, io sono arrivato a “Siga min klapsw”, una canzone greca di Giannis Agelakas. Poi c’è “Bella ciao” dei Modena. La playlist riflette l’ispirazione del viaggio. Guccini forse sarebbe stato più appropriato, ma è una sfida fra titani. Il titolo provvisorio del viaggio - supponendo che un viaggio abbia bisogno di un titolo - è “Radici”. Meno di dieci giorni fa ho compiuto 30 anni, una cifra che di per sé vuol dire poco, ma che molti associano ad un traguardo raggiunto. Io, perché sono parte in causa, non vedo cosa ci sia di così particolare nell’aver raggiunto trent’anni - ma forse parlo così solo perché voglio continuare a fare il giovane. In realtà in parte sento anch’io la necessità di mettere un punto. Forse un bilancio? Forse è meglio dire “capire da dove sono arrivato” (e un po’ anche capire dove voglio andare). La presa di coscienza della mia omosessualità ha provocato - come era prevedibile - una radicale ansia di ristrutturazione in me, in parte anche il timore dover cambiare. Schemi di pensiero, abitudini, a volte in alcuni deliri notturni persino idee politiche (inaudito!). Ma niente di così catastrofico è successo: quelli che mi piace chiamare “fondamenti della mia personalità” e cioè le direzioni in cui ho scientemente deciso di muovermi ormai da alcuni anni - comunismo, ateismo, rifiuto dell’autorità e ironia - sono ancora i capisaldi della mia azione nel mondo, e dunque non v’è niente di cui preoccuparsi. A parte il fatto di aver messo in conto di arrivare via terra ad Atene, a più di 4000 km di distanza da Firenze, attraversando posti che non ho mai visto di persona. Ma in sella alla vespa ci sono già stato, ho scollinato le Alpi, raggiunto la Francia e tornato indietro tutti intero. Potrebbero andare storte un sacco di cose, ma potrebbe anche andare tutto bene. Chi si ferma è perduto.

 

2

 

04.08.2015 - 55863 km - Firenze/Trieste

Partenza.

Due sere prima Firenze è funestata da una tromba d’aria che, con precisione millimetrica, fa volare i tetti di Firenze Sud. In retrospettiva, è un bel modo di avvicinarsi alla data clou. Ma ci sono date clou, negli avvenimenti piccini? O forse la dimensione impedisce che si usi quell’asetticità tipica dei manuali di storia, dove con penna e righello si tracciano righe e si innalzano confini teorici: prima e dopo il 1492, prima e dopo il 1914, prima e dopo il 1989. Prima e dopo una partenza. Il fatto puntuale riveste la sua importanza, è chiaro, ma non è mai così puntuale. Per questa partenza io sono in fibrillazione da giorni, ho preparato i bagagli ma non li ho mai caricati su Tesla: ci staranno? Tutti? Dubbi. Comunque arriva l’orario prescelto e quindi si scende in strada, con tutto addosso (non mi piace l’idea di lasciare senza sorveglianza i bagagli mentre torno in casa a fare un secondo viaggio; fortuna che l’approccio cambierà notevolmente nel proseguo del viaggio, la roba è abbastanza pesante). Nick Asaro vuole scattare foto della partenza. Mi sottopongo alla cosa con un po’ di imbarazzo - detesto essere fotografato - ed una punta di soddisfazione: almeno una persona l’ho smossa, con questa mia quasi-folle idea di raggiungere Atene via terra con la mia vespa. Che poi il punto, ho il sospetto, è proprio la vespa. Tesla. Che pure non riesce a scrollarsi di dosso la cattiva reputazione, nonostante mi abbia felicemente portato in Francia nel 2011, e che da oltre dieci anni, pur tra alti e bassi, continui a fare il suo porco lavoro per le vie di Firenze (che non è la prostituzione, ma portare me in giro). Da quando poi sono dimagrito, mi sento anche di aver fatto la mia parte diretta per la manutenzione, considerato che il suo bagaglio principale si è alleggerito di oltre venti chili.

Insomma, foto e foto e si parte! La prima sosta è dopo circa sette minuti, al benzinaio di Piazza San Jacopino: senza benzina non si va da nessuna parte e questa è una verità non eliminabile. Visto che siamo alle soglie di un impegno gravoso, crepi l’avarizia: metto la benzina da 100 ottani. Ma nel frattempo il distributore ha cambiato marca, quindi ciccia: viaggio proletario, benzina proletaria. Piccolo screzio con il benzinaio: io, tranquillo, dopo il rifornimento mi metto a fare miscela; e quello giù subito ad urlare che mi devo spostare per non fare coda (sono le otto del mattino del quattro agosto, zona residenziale, coda non avvistata; ma vabbè). Dice che la gente va a lavorare, io invece sono in vacanza e quindi ho meno diritti. Non sarò certo io a pregiudicare l’avvio della produzione a Firenze, quindi mi faccio da parte e termino le operazioni. Adesso siamo veramente pronti. Partenza.

Prendo la via faentina, seguendo un percorso che ho rimuginato i giorni scorsi. Per superare l’Appennino c’è la classica via Bolognese, ma ho già dato nel 2011 e se posso evito i percorsi già fatti. Quindi, via Faentina. Boschi stupendi (e freschi). Arrivo vicino a Palazzuolo sul Senio, una placida cittadina che è il punto di partenza della storia di una parte della mia famiglia e che sto già pensando a come integrare nel prossimo viaggio ma al bivio giro per Marradi. Da Faenza in poi è tutto piatto: piena Val Padana. Si ripresentano i soliti interrogativi: ma come fa la gente a vivere in un posto piatto? Evidentemente ce la fa e pure bene, visto che la zona è densamente abitata. Ma basta inoltrarsi nel parco del Delta del Po perché ci si ritrovi in completa solitudine, sotto il sole cocente e con un salmastro che nemmeno fossi in mezzo al pacifico. Piatta la strada, che segue le anse dei mille rigagnoli in cui si dive il fiume all’arrivo al mare. Piatta Comacchio, che con il paese di Anita ricorda la celebre rivoluzionaria, compagna dell’Eroe dei Due Mondi, che venne qui a morire di malaria in fuga dalle truppe papaline dopo la caduta della Repubblica Romana.

A Comacchio trovo la via Romea - la SS 309 - che punta verso Trieste. E’ mia. A Boschi di Mesola mi fermo per la benzina e il pranzo (rigorosamente frutta, pare di essere in quaresima). Un po’ di ansia da partenza (solitudine?) che si riaffaccia, ma la trasformo in pungolo per superare una certa diffidenza verso gli sconosciuti e dunque attacco bottone con il tipo che tiene il banco della frutta, sul ciglio della strada. Il ragazzo (carino, per la cronaca) lavora durante la stagione estiva, dando una mano al proprietario del campo dietro il banco, mettendo da parte i soldi per trasferirsi in Argentina, dove vive il padre. Dice che la carne argentina è quasi meglio di quella toscana, ma non mi faccio prendere dal campanilismo. Un po’ perché sto cercando di spogliarmi di una certa “fiorentini” ricercata negli anni passati, ma soprattutto perché la carne argentina non l’ho ancora provata e quindi vai a sapere te se ha ragione.

Ripartenza. Macino chilometri lungo la grande curva della costa, dove la Romagna lascia il posto al Veneto e si respira un altro passo in tutto: nelle case, nel cemento, nella natura, negli uomini. Il terzo vagone della locomotiva del Nord (la “Vandea italiana”, per usare una celebre definizione) ha un suo fascino, anche se lo associo ormai all’”incubo” di Venezia: passare le grandi città scansando tangenziali è assai complicato. Nel 2011 sia Bologna che Venezia rappresentarono ostacoli quasi insormontabili (tanto che a Venezia, anche se per errore, mi toccò comunque passare dalle forche caudine della tangenziale e dividere la strada con tir e camper). Ma quest’anno sono più scafato e, complice la bussola che ho agganciato al portachiavi e un paio di richieste di informazioni ai passanti, supero con scioltezza la grande conurbazione urbana veneziana e riprendo la via Romea dopo solo un’ora di giro. Per festeggiare - ed integrare il lauto pranzo - mi fermo in una stazione di servizio per un gelato.

Mancano gli ultimi 120/140 km per Trieste. Deviazione per lavori a Monfalcone, è la seconda che mi tocca fare: e il patto di stabilità? In Friuli se ne sbattono? Ultimi km lanciati a 60 all’ora, Tesla si comporta splendidamente. Mal di cosce, culo ancora sano. Miglioro la disposizione dei bagagli e aumento lo spazio disponibile sulla sella.

Arrivo a casa sano e salvo. Mamma tutto bene, un po’ di senso di stranite a casa (sono secoli che non vengo). Strano pensare alla casa di mia madre come “la casa di mia madre”. La maturità gioca brutti scherzi? Un pensiero a Mazzoni e Francesca che stanno partendo per il loro viaggio di nozze in America. Ricomincio a leggere per l’ennesima volta “Brum brum. Da Roma a Saigon”.

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MODERATOR

bellissimo viaggio......complimenti

 

 

:ciao::ciao::ciao:

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  • 2 weeks later...

Ciao,

ed ecco un po' di seguiti!

 

p.s. per la carne argentina credo anch'io, ma seeeempre cucinata alla toscana! :P

 

***

 

10.08.2015 - 56814 km

 

 

1° notte fuori.

 

 

Partenza da Trieste, ultima colazione della tappa. Saluti al parentame presente. Serbatoio mezzo vuoto (diciamo pure vuoto) e prima benzina balcanica: che soddisfazione! Non tanto per il prezzo, eh, quello non è così straordinariamente ribassato - bisognerà arrivare in Serbia per un deciso “shock petrolifero”, ma per due buone ragioni: 1. sono riuscito ad arrivare al confine, e non era scontato; 2. la prima benzina fuori dai confini italiani non ha prezzo. Parto - ora lo si può dire senza pudore - praticamente senza problemi, solo che le strade sono segnalate a schifo, per cui.. zaaac, mi perdo nel salto da Illirska Bistrica a.. boh, vattelappesca, il nome è un susseguirsi di consonanti (forse anche questo ha influito nella perdita di vista della segnaletica necessaria).

Passo almeno 2/3 ore nei monti, sui sentieri dei taglialegna. Sterrato, niente asfalto, incontro si e no tre persone, due delle quali sono lavoratori che assistono ad uno spettacolo che spero sia stato interessante. Cerco di raccontarlo. Bosco, verdissimo, sul fianco della montagna, silenzio completo. A parte per il dolce ronzio del motore della vespa, chiaro. Ad un certo punto, senza alcuna anticipazione, sbuco dal sentiero in uno “slargo” (ossia un allargamento del diametro del sentiero, che passa dal metro e mezzo scarso tenuto fin lì a ben 6 metri - come se mi fossi immesso in un’autostrada. A un paio di metri di distanza, sul bordo destro, verso il fianco, ci sono due benne che spostano tronchi, guidati da due uomini di mezza età che, senza muovere un muscolo, mi seguono con gli occhi mentre io, tranquillo, senza diminuire la velocità - ho sempre la paura di “perdere il ritmo”, di fermarmi e di non ripartire, su quei terreni - a passo d’uso li supero, li saluto con la mano e mi ributto nel sentiero, che nel frattempo si restringe alle dimensioni precedenti. Fine degli incontri con la società civile.

Dopo qualche tempo, incredibilmente, incrocio una macchina (chiamiamo così, per amore di discussione, una dignitosa reliquia degli anni ’80, funzionante a carbone) e chiedo alla truppa a bordo - una coppia di anziani con cane - la direzione della città (villaggio) più vicina e finalmente ritorno.. beh.. diciamo all’asfalto, oltre non mi spiengerei.

Sono terribilmente fuori rotta, decisamente troppo a sud. Decido di virare verso Rijeka e da lì riprendere la rotta verso est. Ma è un macello, le strade croate sono segnalate malissimo. Infine arrivo a prendere la statale per Zagreb, ma è tutta una curva e avanzo lento - anche se Tesla si comporta benissimo, tiene botta a tutto e mantiene una buona velocità di crociera.

Ma ormai si sono fatte le otto, otto e mezzo di sera, e io detesto girare con il buio (senza contare che il fanale della vespa illumina poco, male e nella direzione sbagliata). Passata Karlovac mi fermo per dormire, ai bordi della statale pianto la tenda sul limitare di un campo di un contadino, che spero non avrà niente da obiettare.

I grilli cantano a volume altissimo.

 

 

11.08.2015 - XXX Km (ho già perso il conto, ebbene si, lo confesso)

 

 

Risveglio “non troppo traumatico” alle 05:00 del mattino. Decido di non attendere le 06:00 come pensato - “per rimettere in sesto la tabella di marcia”, ma in realtà per paura del contadino croato - e smonto subito.

Fuori, buio e nebbia. Albeggia a stento e parto sulla statale 36.

Fottute strade croate. La statale ad un certo punto si trasforma in strada bianca, mantenendo la cartellonista, tranne quella orizzontale, ovviamente, , e continua come se nulla fosse. Rimango incredulo davanti a questo esempio di.. autorganizzazione? Dal centro non hanno mandato l’asfalto e quindi la comunità si è organizzata come può? Indifferenza? Non è mica detto a priori che l’asfalto sia l’unico modo di assicurare una buona viabilità (in giro si vedono pochi mezzi a due ruote, nota bene). La cosa mi lascia molto perplesso, ma continuo ad aver fiducia nella locale versione dell’Anas: ci sarà un disegno dietro tutto questo.

Due ore dopo: mi rompo il cazzo e prendo la storica decisione: prenderò l’autostrada. Da Popocevo fino al confine e di là a Belgrado. Questa decisione mi rasserena, e inoltre titilla una qual certa anima “corsara”: in Italia è impossibile pensare di prendere l’autostrada con un mezzo non adatto - non c’è verso nemmeno di fare qualche km, prima di essere pescati e ributtati fuori - ma qui, qui inizio a sentirmi fuori dagli angusti confini italiani ed europei, fatti di leggi e regolamenti che conosco e non condivido. Qui, almeno, non li conosco, per cui posso cullarmi nell’illusione di essere “fuorilegge”. Giusto il tempo di trovare di nuovo l’asfalto a Popocevo, di consumare un caffeino e via, si profila davanti a me essa, l’autostrada.

Viaggio tranquillo, nemmeno troppo caldo. Lunga e diritta correva la strada, ed è una cosa che mi accompagnerà fino ai monti della Macedonia: i Balcani che attraverso io sono piatti, piattissimi, e non c’è verso di farsi sorprendere dal paesaggio. Eppure questa è la prima sorpresa, per uno come me abituato alle colline: anche la pianura può sorprendere. Non con un evento che si palesa l’ultimo - un borgo dietro una collina, un’attrazione naturalistica - ma con la lenta trasformazione dell’ambiente circostante. Le cose si vedono arrivare, ma non sono quelle che pensi.

Prima dell’ultimo salto della frontiera, mi fermo per un caffè in un altro posto dal nome impronunciabile - anche se in teoria questo non dovrebbe esimermi dal prenderne nota, in forma scritta: ma sono pigro, uh come sono pigro, in questo viaggio! e il caffè costa un’esagerazione, più di 1 euro. Il posto è il peggio degli anni ’70, in compenso incontro uno che parla italiano.

Non gli chiedo il nome, ultimo sussulto di una diffidenza innata verso gli sconosciuti che perderò nel corso del viaggio, e lui non lo chiede a me, ma attacchiamo comunque a parlare. Ha passato tre anni in Italia a lavorare nel Veneto - non so a cosa e non glielo chiedo - ma con l’introduzione dell’euro ha deciso di tornare in Croazia, dove lavora come “soccorso stradale”, riportando le macchine rotte negli stati dei loro proprietari. Bizzarro lavoro, ma siamo nei Balcani. Alle 13:00 e a 20 km dalla frontiera, intercetto una famiglia di fiorentini in viaggio verso Salonicco. Incredulità da parte loro, e mi offrono il pranzo (pasta con ragù e un formaggio molle, forse brie). Nonché il caffè, ovviamente. Tre generazioni in viaggio verso la Grecia, su due camper: nonno e nonna, figlio con moglie, nipotini. Strano effetto ma mi sembrano molto affiatati. Riprendo il viaggio e varco la frontiera: Serbia! Tesla si becca solo un’occhiata distratta da parte del doganiere, controllano la targa ma non guardano i documenti. Ma implicitamente danno l’ok all’autostrada e quindi: si continua! Dritti a Belgrado.

Arrivo di buon’ora - le 16:30/17:00 - e sbaglio subito le indicazioni per uscire dall’autostrada vicino al campeggio. Finisco per girare per il centro, poi mi ripiglio e finalmente, dopo quasi un’ora, ce la faccio. Campeggio piccino, dignitoso per ben 12,30€ a notte, che qui sono tanti, e che io con piacere pago (due mesi dopo in un campeggio di Cecina, ne dovrò sborsare 15 a notte ma quelli si, che mi peseranno: non troverò nemmeno la carta igienica).

Saluto tutti, c’è il wifi, e faccio il conto dei km: 355.

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