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Per esempio io sono un Lambrettista


ruotepiccole
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Io sto del tutto con te per quello che dici qui e nei post più in alto!

 

A me le lambrette non piacciono proprio per niente, per niente, per niente, per niente, ma proprio per niente.

 

:ciao:

 

A me invece piacciono, almeno da quando hanno capito come andavano fatte Almeno esteticamente mi piacciono e molto!

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:roll: Vedo che si continua a confondere i concetti.

 

La meccanica delle lambrette escluse le versioni cardaniche, non ha nulla di complesso ne di innovativo ne di raffinato.

Il motore lambretta è di una "banalità" disarmante.

Non è altro che un motore di motociclo con catena coperta da carter.

La vita se la sono complicata loro e l'hanno complicata a chi la usava.

 

Il motore di una vespa sin dal primo 98 è un capolavoro di ingegneria meccanica con cascata di ingranaggi coperto da innovativi brevetti.

Un prodotto complesso per semplificare la vita a chi la usava!

 

:mrgreen: I banali motori degli scooter moderni, guarda caso, non hanno fatto altro che prendere un motore di lambretta, togliergli il cambio e mettere una cinghia al posto della catena.

 

La raffinatezza della soluzione cardanica è durata qualche anno, poi i costi e la delicatezza non ne giustificarono più la presenza, scegliendo "la stranota" catena.

 

Dietro la progettazione della vespa c'è un ingegnere aereonautico e si vede.

Non c'è niente di più di quel che serve e quello che non c'è non si rompe e non pesa.

Si smonta e si rimonta con le 4 chiavi in dotazione e qualsiasi intervento lo si può fare a bordo strada con un minimo di capacità.

 

La vespa è sintesi sublimata e inegualiata.

 

La lambretta , (anzi "le lambrette" perchè ogni modello è una soluzione meccanica e telaistica a se, visto che soluzioni geniali non gliene uscivano e ritornavano sui loro passi ogni anno . . . ) è "inutile complicazione".

Almeno fino alla serie LI dove infine capirono comecazza si dovevano fare le lambrette. Ma cominciava ad essere tardi.:roll:

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Posto le bellissime parole, purtroppo non mie, ma dello scrittore Matteo Rinaldi, perché mi rispecchio molto in quello dice e perché "anch'io sono un Lambrettista...":risata1:

 

Per la serie i grandi amori della mia vita ecco a voi la Lambretta, moto che è la sintesi dell’Italia intera: geniale, pasticciona, perdente, indistruttibile.

 

La Lambretta non è una Vespa. Meglio partire da qui perché mezza Italia non le distingueva nemmeno negli anni Sessanta, figurarsi ora. In realtà è impossibile sbagliare: la Vespa non tiene la strada ma in compenso non si ferma mai, corre, non vibra, trovi i ricambi anche in Groenlandia. Tanto basta per adorarla.

 

La Lambretta è diversa: tiene la strada ma in compenso non va quasi mai, corre poco, vibra come un martello pneumatico e non trovi i ricambi nemmeno a Lambrate. E tanto basta per adorarla.

 

Negli anni Ottanta, quando sono diventato un Lambrettista, la scelta era obbligata. Milioni di Vespe Piaggio dominavano le strade italiane: un quarto erano terribili cinquantini come la famosa Vespa 50 Special, truccati e rifatti che neanche un moderno premier. Un quarto erano Vespe ET3, che sullo stesso telaio dei cinquantini montavano un portentoso motore 125 con tre travasi e filavano come razzi. (Mai capito cosa fossero i travasi e secondo me neppure i Vespisti più incalliti. Ma era un’epoca così).

 

Il quarto più pericoloso erano le Vespe Px, le ultime arrivate. Grosse ma snelle, squadrate ma eleganti. Gioielli: correvano, consumavano poco e almeno un paio di volte l’anno riuscivi a restare in piedi dopo una frenata sotto la pioggia. Miracoloso.

 

L’ultimo quarto erano le Vespe più vecchie: le fenomenali GS, le Rally e un’infinità di modelli che allora ti portavi a casa con trecento mila lire.

 

A me stavano un po’ sulle balle. Le ET3 erano diventate le moto dei fighetti, i Px dei funghi. I fighetti almeno erano in calo, perché cominciavano a subire il fascino delle auto e in particolare delle prime odiose Golf GTI nere.

 

I funghi tenevano botta. Sui Px attaccavano enormi adesivi col fricchettone chitarrato spalle al sole. Poi montavano poderose motoradio sul bauletto con cui sparare il giovane Vasco a tutto volume. Quando ti superavano, prima sentivi Ti voglio beeeeene lascia stare il vestito e poi il Vrooom rotondo e potente del motore Px.

 

Mi buttai sulla Lambretta imitando i fratelli Graziani – miei amici tuttora – che mi presentarono lo scooter con queste sagge parole: “Questa è una Lambretta: motore centrale, grande tenuta di strada, parafango anteriore che non gira assieme alla ruota. E soprattutto: è la moto dei murari (muratori ndr) e va moooolto meglio di quei bidoni della Piaggio“. Non era vero ma ci credetti immediatamente. E poi non sapevo neppure dove fosse il motore. Anzi, non sapevo nemmeno cosa fosse, un motore. Di sicuro la Lambretta era più magra, più filante, meno plasticosa. Quando Antonio mi presentò la sua, la guardammo, carezzammo e annusammo attentamente: “Che buon profumo di ferro minerale – disse lui – Non senti l’odore del ferro anni Sessanta, lavorato da operai con le mani grosse, fieri del loro lavoro?” Cazzo se lo sentivo.

 

Cercai e trovai la mia Lambretta in un garage a Settecà. Era il 1984. Centocinquanta mila lire e divenni proprietario – col cuore che mi batteva forte – di una Lambretta 150 LI del 1964, rossa, praticamente perfetta.

 

In tre giorni non era più rossa né perfetta. La colorai con un moderno e combattivo verde militare la prima settimana. Con un cattivissimo grigio-verde mimetico la seconda. Con un romantico blu notte la terza. Con un filante rosso ferrari la quarta. Quando lo strato di colore cominciò a superare lo spessore del materasso del letto, decisi di limitarmi. E magari di imparare a portarla.

 

Portarla è un modo di dire. La Lambretta non si portava. Ti portava. Era come i muli dei film western: faceva quel che voleva lei. Si accendeva una volta su tre. Le altre due dovevi spingerla finché il sudore ti colava nelle scarpe. Inoltre si spegneva a suo totale piacimento. Preferibilmente mentre sorpassavi un tir e sull’altra corsia sopraggiungeva una corriera.

 

Bruciava una luce di posizione ogni tre giorni. Quasi sempre a cento metri da una pattuglia di vigili in annoiata attesa. I cavi del freno, della frizione, dell’acceleratore e del cambio saltavano a piacimento e senza alcuna ragione.

 

Imparai molte cose in quel periodo. A frenare con le suole come Pronto Soccorso, il protagonista (non a caso lambrettista!) di una celebre storia di Stefano Benni. A passare davanti alle pattuglie premendo leggermente il freno per accendere la luce di stop millantandola posizione. A guidare senza la manopola dell’acceleratore, tirando direttamente il filo spezzato come si fa con le redini di un destriero.

 

Ma soprattutto imparai a guidare. Le Vespe erano più veloci, scattose, moderne e numerose. Per tener testa a un Px, nell’asse principale vicentino da Corso Padova a viale Verona, non c’era alternativa: dovevo guidare con la grinta di Ayrton Senna e la testa di Alain Prost.

 

La sfida col Vespista iniziava al semaforo. Un rapido scambio di sguardi dava il via. Il vespista si preparava con le classiche accelerate: Vrum! Vruuum! Il lambrettista no. La Lambretta era delicata e permalosa: si sarebbe spenta subito. Scansionavo rapidamente il traffico davanti a me e calcolavo: “Dopo la 131, dopo la 2 cavalli, dopo la Escort c’è il 5. Il 5 fa Villaggio del Sole – Anconetta: quindi all’incrocio svolterà a destra per viale IV novembre. Mumble mumble…”

 

Semaforo verde, via! Passavo la 131 a destra, la 2 cavalli pure, poi scartavo a sinistra e passavo mentre il Px, sparato e ignaro sulla destra, inchiodava per non spiattellarsi contro il 5 in sterzata.

 

Battuto, fottuto e umiliato. Imparassero i percorsi dei bus invece di rincoglionirsi coi Black Sabbath.

 

In Lambretta le ragazze non salivano volentieri. Sono sempre un po’ gelose le donne. Capivano che il tuo vero amore era di ferro minerale, non di carne. E poi le vibrazioni erano davvero eccessive. Antonio diceva, ammiccando, che la sella aveva un piacevole effetto vibratore, ma non era vero. Magari! A una compagna di scuola che avevo accompagnato a casa, le vibrazioni mandarono in frantumi gli occhiali da vista.

 

Con la mia terza Lambretta raggiunsi Taormina, in Sicilia, nel settembre 1989 (toh, esattamente vent’anni fa), da solo, dopo un viaggio meraviglioso: cinquanta all’ora di media, costa tirrenica all’andata, costa adriatica al ritorno.

 

Tutti gli odori dell’Italia, chilometro dopo chilometro. Il magnifico motore 150 del 1964, recuperato da una Lambretta abbandonata e montato pezzo per pezzo senza la minima competenza, aveva grippato già all’andata, prima di Roma, con un rumore terrificante. Ma era ripartito senza tante storie dopo un quarto d’ora di raffreddamento e di coccole. A quaranta all’ora ero arrivato a Reggio Calabria, conquistato il traghetto e preso possesso della Trinacria.

 

Mi arresi alla modernità dopo centoventi forature, sessanta cavi spezzati, quarantanove esplosioni del motore, dodici donne perdute per sempre. Ma da allora continuo a combattere, difendendo la qualità Lambretta in mostruose discussioni contro i Vespisti, sempre troppo numerosi e troppo attrezzati.

 

Un giorno conobbi un restauratore di moto d’epoca, Lambrettista purosangue ma intelligente. Ero nella sua officina. Mi feci coraggio e sussurrai: “Sono un Lambrettista anch’io ma… secondo me la Vespa è meglio“. Lui si guardò attorno per assicurarsi che fossimo soli. Chiuse la porta a chiave ed estrasse due scatole di legno da un cassetto. Nella prima c’era il cuore di un motore Vespa. Nella seconda un cuore Lambretta. Entrambi erano smontati pezzo per pezzo.

 

“Conta i pezzi della Vespa – disse – sono quindici. E adesso conta i pezzi Lambretta”. Novantasei! Allargò le braccia: “La Vespa è semplicità assoluta, minor costo, minor manutenzione, sviluppo più semplice e mille altri vantaggi. Come abbiamo fatto a resistere, tenendo loro testa per vent’anni, è un miracolo“.

 

È stato un miracolo, davvero. Ma la Lambretta era viva. Superata, perdente, pasticciona, complicata, geniale ma viva. Nemmeno alla mia prima chitarra, nemmeno al mio primo orsacchiotto ho mai voluto tanto bene.

 

Matteo Rinaldi settembre 2nd, 2009

 

A voi i commenti fratelli Vespisti...:Lol_5:

 

M

 

 

 

spettacolare il tuo racconto....pieno di emozioni!!

io sinceramente avendo entrambe non mi considero nè vespista nè lambrettista...sono solo un motociclista con una passione smisurata per le due ruote.............

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Insomma, cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Io preferirei il mezzo pieno.

Vespa: non si discute, ok. Però la Vespa ha avuto i suoi difettucci, incluso il fatto di non avere - nelle versioni potenti - un freno a disco. La Lambretta ce l'aveva, e questo nel 1969. Ossia quando gli USA hanno mandato due tizi sulla Luna e la TV era in bianco e nero. La Vespa lo ha avuto nel 1999, quando gli USA avevano da un paio d'anni spedito un trattoricchio a sei ruote su Marte.

E' vero, la soluzione telaistica Innocenti ha vinto, nel 1965 era troppo avanti. Un po' come se Nokia avesse inventato i cellulari nel 1930: chi cacchio chiamavi? In effetti, oggi solo il nuovo PX ha ancora il telaio autoportante. Il resto è tutta soluzione Innocenti.

 

Non voglio intervenire sulla manovrabilità del cambio, c'è chi dice che il Teleflex Lambretta fosse più docile da usare della manopola Piaggio. Questo non lo so. Se il motore si piantasse ogni due per tre non lo so e non entro in questione, però se questi hanno venduto Lambrette fino al 1997 tra Innocenti e SIL e per giunta ad una nazione come l'India che 13 anni fa era davvero in mezzo alla strada e oggi sta diventando un gigante economico... beh, forse tutto 'sto schifo non era 'sta benedetta Lambra. O no?

 

Semmai, consentitemi di dirlo, vedo un impoverimento. Voglio dire: si poteva discutere tra Vespa e Lambretta, anche litigare gustosamente. Ma lo si poteva fare perché erano DUE gli scooter italiani. Uno più famoso dell'altro, certo: ma erano due. Questo voleva comunque dire: migliorare il prodotto, stimolare la concorrenza, sviluppare cose nuove. Adesso abbiamo soltanto due mezzi, più o meno simili: la Vespa contro se stessa, ossia la LML Star. Come la mettiamo?

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Insomma, cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Io preferirei il mezzo pieno.

Vespa: non si discute, ok. Però la Vespa ha avuto i suoi difettucci, incluso il fatto di non avere - nelle versioni potenti - un freno a disco. La Lambretta ce l'aveva, e questo nel 1969. Ossia quando gli USA hanno mandato due tizi sulla Luna e la TV era in bianco e nero. La Vespa lo ha avuto nel 1999, quando gli USA avevano da un paio d'anni spedito un trattoricchio a sei ruote su Marte.

E' vero, la soluzione telaistica Innocenti ha vinto, nel 1965 era troppo avanti. Un po' come se Nokia avesse inventato i cellulari nel 1930: chi cacchio chiamavi? In effetti, oggi solo il nuovo PX ha ancora il telaio autoportante. Il resto è tutta soluzione Innocenti.

 

Non voglio intervenire sulla manovrabilità del cambio, c'è chi dice che il Teleflex Lambretta fosse più docile da usare della manopola Piaggio. Questo non lo so. Se il motore si piantasse ogni due per tre non lo so e non entro in questione, però se questi hanno venduto Lambrette fino al 1997 tra Innocenti e SIL e per giunta ad una nazione come l'India che 13 anni fa era davvero in mezzo alla strada e oggi sta diventando un gigante economico... beh, forse tutto 'sto schifo non era 'sta benedetta Lambra. O no?

 

Semmai, consentitemi di dirlo, vedo un impoverimento. Voglio dire: si poteva discutere tra Vespa e Lambretta, anche litigare gustosamente. Ma lo si poteva fare perché erano DUE gli scooter italiani. Uno più famoso dell'altro, certo: ma erano due. Questo voleva comunque dire: migliorare il prodotto, stimolare la concorrenza, sviluppare cose nuove. Adesso abbiamo soltanto due mezzi, più o meno simili: la Vespa contro se stessa, ossia la LML Star. Come la mettiamo?

purtroppo in Italia è il periodo dell'Impoverimento...

ormai non c'è rimasto più nulla, tutte le grandi aziende stanno migrando verso quei paesi "emergenti" (cina, india, messico, etc) dove il lavoro costa nulla ed i guadagni sono alti... tra poco tempo saremo noi, ad essere un paese sottosviluppato...:boxing:

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purtroppo in Italia è il periodo dell'Impoverimento...

ormai non c'è rimasto più nulla, tutte le grandi aziende stanno migrando verso quei paesi "emergenti" (cina, india, messico, etc) dove il lavoro costa nulla ed i guadagni sono alti... tra poco tempo saremo noi, ad essere un paese sottosviluppato...:boxing:

 

Un paese se si è sviluppato non torna ad essere "sottosviluppato", ma entra nel "declino"!

 

Noi insieme ad altri paesi occidentali siamo in declino e possiamo solo frenare la caduta!

Ora tocca ad altre nazioni compiere il pieno sviluppo e tra questi ci sono colossi come Cina ed India e poi Brasile, Messico e altri ancora. La Cina addirittura "frena" il suo sviluppo perchè quando si compirà . . . i "sudditi" cinesi non si terranno più sul groppone i vecchi mandarini che li comandano da sempre anche se vestiti da pseudocomunisti.

 

Ora tocca a loro e tra 50 anni collezioneranno delle vecchie TATA NANO come noi ora collezioniamo vespe, lambrette, topolino e 500.

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La Lambretta ce l'aveva, e questo nel 1969.

Mi permetto di correggerti, il freno a disco ce l'ha avuto sin dal 1962! Prima sulla 175 TV 3^ serie e poi sui modelli a 200cc.: SX e DL. ;-)

 

Ciao, Gino

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Posto le bellissime parole, purtroppo non mie, ma dello scrittore Matteo Rinaldi, perché mi rispecchio molto in quello dice e perché "anch'io sono un Lambrettista...":risata1:

 

Ciao a tutti!!! Come prima cosa devo dire che il mio cuore batte per la vespa, mentre come seconda vi informo che sto raggruppando un pò di soldi per acquistare o una Lambretta LI seconda serie o una SX Special, il motivo ve lo spiegherò in seguito. Luglio 1991 dopo aver conseguito la licenza media mio padre decide di acquistarmi il tanto atteso cinquantino!! Ci rechiamo nell'unico venditore di moto del mio paese. Appena entrati nel locale i miei occhi cadono su una bella VESPA V bianca nonostante accanto a Lei vi fossero un' Aprilia Futura 50 e una Red Rose 50. Ci salgo su e la faccio già mia, mah...., a questo punto accade una cosa inaspettata, l'allora situazione economica della mia famiglia non era delle più rosee e sui quadri affissi su quella porta d'anticorodal della scuola vi era scritto "sufficiente", mio padre mi disse "ti piace questa custom?". A me non sono mai piaciute le custom però in quel momento avevo l'opportunità di farmi notare fra le vespe dei miei amici (special-pkxl-N) e così commisi un grande errore, scesi dalla sella della Vespa per salire su quella della Red Rose, una moto da 4.000.000 di lire!!!!!!!! che aveva il raffreddamento ad acqua e che raggiungeva la pazzesca velocità di 95 Km/h. in quegli anno non esisteva nè il targhino nè l'assicurazione obbligatoria e il casco non lo metteva nessuno. A contratto chiuso porto la Red Rose a casa e il mio rapporto con questa moto dura appena due anni perchè era vero che ero il più veloce ma era anche vero che io portavo sempre le scarpe e i pantaloni bagnati e spingevo fino a casa la moto quando foravo la gomma. I miei amici, invece, non si fermavano mai. Anno 1993 al diavolo la Red Rose la vendo recuperando 2.500.000 e con quei soldi mi compro una bella Vespa HP verde metallizzata che tuttora conservo gelosamente nel garage, da allora è stato amore puro. E' stata Lei che mi ha accompagnato sotto casa di una ragazza speciale, è stata lei che ci ha accompagnati per decine di migliaia di chilometri per le strade del mio paese e sarà Lei che accompagnerà il figlio che ho avuto da quella ragazza speciale per tanti altri chilometri. Oltre a Lei ho un PX 151 MY ed una COSA2 125. E la lambretta cosa centra? Vi domanderete!!!! Tutti avranno chiesto al proprio padre "ma tu da giovane che moto hai posseduto" il mio, a questa domanda mi ha risposto "una Lambretta 125 special colore carta da zucchero" ed è così che ho cominciato ad interessarmi a questo modello ma è anche carino, proprio per le suo forme più tondeggianti la Lambretta LI seconda serie. Credo che non bisogna disprezzare questo scooter perchè insieme alla VESPA ha contribuito alla motorizzazione di massa del dopoguerra e poi perché non è un frullatore. Mi auguro di non avervi annoiato. :ciao:

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Guest Utente Cancellato
Insomma, cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Io preferirei il mezzo pieno.

Vespa: non si discute, ok. Però la Vespa ha avuto i suoi difettucci, incluso il fatto di non avere - nelle versioni potenti - un freno a disco. La Lambretta ce l'aveva, e questo nel 1969.

Si, va bene, ma era un freno a disco meccanico, mica idraulico; non ti credere che fosse eccezionale.

Non voglio intervenire sulla manovrabilità del cambio, c'è chi dice che il Teleflex Lambretta fosse più docile da usare della manopola Piaggio.

Per mia esperienza personale si, il cambio della lambretta, dalla LI in poi, è meglio.

Questo non lo so. Se il motore si piantasse ogni due per tre non lo so e non entro in questione, però se questi hanno venduto Lambrette fino al 1997 tra Innocenti e SIL e per giunta ad una nazione come l'India che 13 anni fa era davvero in mezzo alla strada e oggi sta diventando un gigante economico... beh, forse tutto 'sto schifo non era 'sta benedetta Lambra. O no?

No che non lo era, scherziamo?

 

:ciao:

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Anchor, grazie anche a te delle precisazioni. Ciò non toglie che, disco idraulico o meno, era un mezzo che provava a dire qualcosa di nuovo a modo suo. Dicevo "non era tutto 'sto schifo" perché mi è capitato spesso di leggere cose forse esagerate sulla Lambretta. A proposito, complimenti per il cane dell'avatar, era uno dei fumetti che amavo su Comix ma confesso di non ricordarmi più come si chiamasse... il padrone era uno scienziato pazzo, mi pare. :-)

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Guest Utente Cancellato
Anchor, grazie anche a te delle precisazioni. Ciò non toglie che, disco idraulico o meno, era un mezzo che provava a dire qualcosa di nuovo a modo suo. Dicevo "non era tutto 'sto schifo" perché mi è capitato spesso di leggere cose forse esagerate sulla Lambretta. A proposito, complimenti per il cane dell'avatar, era uno dei fumetti che amavo su Comix ma confesso di non ricordarmi più come si chiamasse... il padrone era uno scienziato pazzo, mi pare. :-)

 

 

Anch'io ho letto cose che ho reputato esagerate sulla Lambretta (e ho sentito anche di lambrettisti che non si capacitano di come si possa fare uno scooter col telaio portante e col motore tutto da una parte.....:crazy:).

 

Il cane si chiama Dogbert ed è il "vero" padrone dello scienziato, che si chiama Dilbert.

I loro fumetti piacciono molto anche a me.

 

Ciao

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Insomma, cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Io preferirei il mezzo pieno. Vespa: non si discute, ok. Però la Vespa ha avuto i suoi difettucci, incluso il fatto di non avere - nelle versioni potenti - un freno a disco. La Lambretta ce l'aveva, e questo nel 1969.

Si, va bene, ma era un freno a disco meccanico, mica idraulico; non ti credere che fosse eccezionale.

Ma, comunque, frenava meglio dei freni a ferodi del periodo, Vespa o Lambretta che fossero. ;-)

 

Ciao, Gino

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  • 2 weeks later...

Rivisitando il titolo del topic il mio pensiero-motto sarebbe, che mondo sarebbe senza Vespa??:risata1:

Dedicata a Lei

 

Con un panno t'accarezzo,

tu rispondi tutta un pezzo,

ora sei un gran splendore...

ti cavalcherò per ore.

 

Forte sento già l'odore

provocato dal rumore

del tuo mitico motore.

 

Provo un brivido vivace

andiamo dai, lo sai mi piace

di tirarti su di giri

e se forte tu respiri

al mio provocar rispondi

coi tuoi fianchi tutti tondi

gialli, belli e rubicondi.

 

Io ti tiro e vai avanti

si stupiscon tutti quanti.

In salita? Qui si svolge la partita...

Quarta, terza, seconda e poi,

tu non mi tradisci mai.

 

Tutti vogliono goderti in tutti i tuoi particolari

inimitabile e senza pari

coi tuoi segreti belli e rari.

 

Ormai è sera

torniamo a casa,

dolce gialla, ora riposa,

ti lasciamo, io e la mia sposa.

 

Or ti lascio riposare,

mentre vado a programmare

un nuovo giorno insieme a te.

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  • 3 months later...

“Conta i pezzi della Vespa – disse – sono quindici. E adesso conta i pezzi Lambretta”. Novantasei! Allargò le braccia: “La Vespa è semplicità assoluta, minor costo, minor manutenzione, sviluppo più semplice e mille altri vantaggi. Come abbiamo fatto a resistere, tenendo loro testa per vent’anni, è un miracolo“.

 

complimenti per il racconto , quasi commovente.:cry:

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